sabato 23 agosto 2014

Goma-dofu: tofu di sesamo



Finalmente ce l’ho fatta: ecce goma-dofu!! Non che sia così complicato a farsi, anzi: sono rimasta piacevolmente stupita dalla facilità e dalla brevità della sua preparazione, a differenza del fratello maggiore tofu, di gran lunga più complesso e artificioso.


Vi avevo già parlato qui della setta Shingon dei monaci buddisti e della loro cucina Shojin-ryori, perciò non mi ripeterò in merito. Il Goma-dofu, ovvero “tofu di sesamo”, è proprio tipico di questa cucina: la cucina dell’anima, leggera per non appesantire lo spirito e non ostacolarne le importanti funzioni meditative e di preghiera. 

Antico tempio buddista, Koya-san


A dirla tutta, non so perché venga inserito nelle tipologie di tofu, dato che non è presente né latte di soia, né nigari (sale che ne permette il caglio) e la preparazione è del tutto differente da quella del classico tofu. Se oltre al tofu masticate un po’ di inglese, qui trovate un’interessante résumé su tutti i tipi di questo adorabile prodotto. In Giappone credo di averli assaggiati tutti, yuba compresa. 
ALT: questo non significa che in Giappone vi siano più vegani che in Europa, anzi: spesso il tofu è servito cosparso di pesce secco, impastato con le uova, oppure servito come entrée prima di un piatto di filetto alla teriyaki. Solo nella cucina Shojin-ryori è presente in purezza, perché i monaci non si cibano di derivati animali. 

Se vogliamo paragonarlo al formaggio (cosa che in Italia sembra imprescindibile, se vuoi tentare di spiegarlo a chi non mastica per niente questa cucina), in questo senso è proprio così: il tofu sta ai giapponesi come i formaggi stanno agli italiani. 
Io spiegherei questo tipo di tofu in particolare come un budino di sesamo, perché sostanzialmente per noi è proprio questo: al posto della indegna colla di pesce (perdonatemi l’astio, la detesto!!), c’è il kuzu (addensante con straordinarie caratteristiche curative, in particolare è un miorilassante, per tutti i muscoli). Fra l’altro, il goma-dofu è così gradevolmente dolce che può essere usato anche per il dessert (il giorno dopo l’ho mangiato con della composta di frutta). 

Se volete cimentarvi a  produrlo, vi consiglio calorosamente –anche per farvi due risate!- di guardarvi questo video sulla sua preparazione (intorno al 15° minuto: l’arte suprema della mantecatura alla samurai! Imperdibile!). 
Ovviamente io ho tralasciato quasi tutto quello che viene descritto come il metodo tradizionale… noi non abitiamo in uno shukubo, ma al primo piano di una palazzina nel cuore della Brianza! E poi non ho nemmeno il suribachi per pestare i semi di sesamo, perciò sono partita direttamente dalla tahin

…Mi piace vincere facile?? Beh, questo è solo il primo esperimento, da cui ho già imparato qualcosa. Per il prossimo sarò più rigorosa e osservante del metodo della donnina-samurai del video ;)
 


 

Goma-dofu

tofu di sesamo

per 2 porzioni grandi

45 g di tahin 100% sesamo (io uso quello scuro della Rapunzel)
25 g di polvere di kuzu
300 ml di acqua minerale

Per servire: shoyu o tamari, pasta di wasabi

Versare la tahin in una terrina più capiente. Se è freddo, lasciare a temperatura ambiente almeno mezzora. 
Sciogliere il kuzu in poca acqua. Io e avevo uno in polvere acquistato in Giappone, qui si trova quello in pezzi grossolati, tipo gesso: aiutarsi con le mani per scioglierlo bene. Aggiungere il resto dell’acqua poca per volta e poi inserire la tahin. 
Mescolare bene con una spatola e sciogliere il tutto senza sbattere: non devono esserci bolle. 
Versare in un pentolino e accendere il fuoco, medio-basso. In breve tempo inizierà a rapprendersi, allora abbassare il fuoco al minimo e calcolare 10-15 minuti di cottura, sempre mescolando. È importante che non si smetta mai di mescolare, perché il composto si attacca subito sul fondo e si rapprende immediatamente. Preparate un contenitore quadrato e poco profondo e bagnatelo con acqua fredda. Uno da 12 cm di lato x 4 cm di profondità andrà benissimo per queste dosi. Una volta trascorso il tempo di cottura, versate immediatamente il composto nello stampo e livellate con una lama o un cucchiaio bagnato. Lasciare intiepidire e conservare in frigorifero almeno 3 ore prima di servire.

Al momento di portare in tavola, potete capovolgere lo stampo direttamente nel piatto, oppure tagliare le porzioni alla giapponese, utilizzando una lama passata sotto l’acqua bollente.
Servire su un fondo di shoyu o tamari e posizionare sopra al panetto una pallina di pasta di wasabi. 
Accompagnare con una ciotola di riso integrale e insalatini (nel mio caso cetrioli marinati e crauti all'agro fatti in casa).


La riga che vedete al centro del mio panetto è dovuta ad un mio madornale errore: avevo previsto di versare il goma-dofu in 2 stampini monoporzioni, ma mi sono accorta che erano troppo grandi, perciò ho subito trasferito il contenuto di uno stampino nell’altro… il problema è che si stava già formando la pellicola sulla superficie! Si  rapprende prima che si possa dire “Itadakimasu”!








 

venerdì 8 agosto 2014

Tortini cotti a vapore con Fiordifrutta alla rosa canina

Ieri mattina sono andata al lavoro scialla: traffico zero, ho parcheggiato nell'unico posteggio all'ombra (beati quelli che lavoreranno in agosto, perché avranno tutte le strade per sé), ero perfino in anticipo. Canticchio mentre chiudo la portiera, mi avvio a piedi quando avverto un odorino familiare.. è appena percettibile, ma lo avverto distintamente, perché qualcosa non mi quadra: cannella!??

Non ho dubbi, posso confondere crocchette con supplì, ma per la cannella ho il fiuto di un cane da tartufo.
Siamo ad agosto, il sole batteva già alle 8 di mattina, eppure dietro una di quelle finestre spalancate del palazzo rosso, qualcuno aveva apena sfornato un dolce caldo per la colazione. Un dolce alla cannella, decisamente. Decisamente invernale.

La mia fantasia si è subito scatenata: una donna lituana o svedese, sulla quarantina, biondissima e dalla pelle lattiginosa (forse più della mia!), in Italia da pochi anni a caccia di fortuna o forse inseguendo un amore, si era alzata presto per il compleanno del suo bimbo più piccolo, gli aveva voluto preparare quello che il suo palato avrebbe sempre riconosciuto come il sapore di casa, qualunque cielo avesse avuto sopra la sua testa. Aveva sfornato una teglia di brioches alla cannella con le uvette, con tanta granella di zucchero, perché a lui piaceva così.

Rimango sempre affascinata da storie di migrazione, separazioni e ricongiungimenti. Ammiro profondamente il coraggio di persone come la nostra biondissima signora X, che riescono a inserirsi in una realtà così lontana dal loro passato, accettano di sentir parlare i loro figli una lingua che a loro non è mai stata famigliare, e forse traggono la forza di andare avanti da questi piccoli luoghi della mente, ricordi di immagini e sapori, che non si sono mai staccati da casa. Dalla loro vera casa.

Sono i miei eroi. Perciò mi tengo stretta quella favola, di cui solo il profumo alla cannella è reale. Ma mi piace pensare che tutti, o quasi, ce la fanno. Che le loro storie finiscano tutte con un sorriso, una stretta di mano, una zaffata di cannella.




Ovviamente, una volta rientrata a casa, non ho resistito all'impulso di cucinare un dolce... uno dei miei, di quelli strambi insomma. La stramberia consiste nella cottura a vapore, che ultimamente è la soluzione ideale per me, che devo evitare i prodotti da forno per un periodo (e non perché cuocere a vapore vuol dire cuocere con meno grassi -quando mai?!- come certe idee vanno spantegando dai nostri schermi televisivi...). La consistenza è parecchio strana se non siete esperti  in questo tipo di cottura, ultra compatta e umida. Eppure per me è stata un'occasione per diventare abbastanza pratica con cestello e pentolone, anche per il pane (prossimamente su questa rete). Che sia pane, frutta o verdura, ormai non perdo occasione per cuocere qualcosa nel cestello sopra a una pentola di riso o fagiolini!


In questi tortini gioca nel ruolo di capocannoniere la confettura di rosa canina: la prima in assoluto di cui ho memoria. Il ricordo che ho di questa delizia è legato alla mia infanzia spensierata, in vacanza con mamma e papà, fra sagre di montagna e sapori genuini. Questo è uno dei miei sapori di casa. Sono contenta di ritrovarlo ancora oggi, dopo tanto tempo, sugli scaffali del bio!




 
E per voi? Quali sono i vostri ricordi - ricordi che poi si trasformano in sapori?

Vi lascio con questo esamino di coscienza e con la ricetta di questi tortini cucinati a vapore:


Tortini cotti a vapore
con fiordifrutta alla rosa canina
(vegan)

Per 4 tortini

100 g di farina di tipo 2 macinata a pietra
60 g di farina di orzo integrale
1 C raso di cremor tartaro
1 C di aceto di mele
20 g di malto di riso
2 C di olio di mais
1 T e 1/2 di latte di avena al naturale
sale qb
Fiordifrutta alla rosa canina Rigoni di Asiago

Mettere sul fuoco la pentola con l'acqua e preparare il cestello dove posizionare i tortini.
Miscelare le polveri in una terrina capiente. A parte sbattere olio, malto e Fiordifrutta, po aggiungere il latte. Unire i due composti, versando i liquidi nelle polveri, sbattere per sciogliere i grumi e incorporare aria. Aggiungere l'aceto alla fine.

 


Versare negli stampini in acciaio o in silicone, riempiendoli fino a 2 cm dall'orlo. Aggiungere a ciascuno un cucchiaino di Fiordifrutta nel centro. Coprire lo stampino con carta di alluminio e mettere nel cestello sopra alla pentola con acqua bollente. Questo passaggio serve per non far penetrare l'acqua di condensa nei tortini. Cuocere per circa 25 minuti. Sono pronti quando si possono staccare dallo stampino. Lasciare freddare senza la carta stagnola. Non si gonfieranno come nella cottura in forno, tenderanno a rimanere compatti ma in superficie risulteranno bombati.
Sono deliziosi consumati la mattina, con un po' di granella di nocciola sulla superficie.