mercoledì 26 novembre 2014

Strudel di zucca, semi di papavero e marmellata alle prugnole selvatiche


Forse non corrispondo allo stereotipo contemporaneo di femminilità, con queta specie di tavola da surf che mi ritrovo fra collo e gambe. Forse non ho una chioma profumata e sempre in ordine, non mi imbelletto le labbra e con l'estetista non ho un briciolo di familiarità. Ma come non esiste un solo tipo di uomo moderno, così deve essere anche per noi. E parliamo solo dell'aspetto estetico; per iniziare a valutare le differenzeuomo-donna sul piano emotivo-intellettuale non basterebbero tutti i blog del mondo. Perciò fermiamoci qui, con questo preambolo. Non voglio parlare di maschi e femmine, né solo di femmine. Voglio parlare di donne.

Ieri, 25 novembre, era la giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne.
Non tocca a me esprimere un giudizio su come viene celebrata la ricorrenza ai massimi livelli, men che meno in un blog di cucina.
Tuttavia, posso esprimere il mio parare come donna: troppo, troppo poco si sta facendo per risolvere il problema. Non solo non lo stiamo risolvendo, ma non mi sembra nemmeno che il fattaccio - quella cosuccia della violenza - sia riconosciuto come tale. Innanzitutto, e questo post lo dimostra, siamo sempre e solo noi ad esprimerci in merito. Quando il mondo lo capirà? Quando questo pianeta, che gira attorno al volere di colletti bianchi e cravattini, ammetterà che il problema della violenza sulle donne, è un problema degli uomini?

Anche se la gornata adatta al post pro-donna era ieri, oggi vorrei dedicare questo dolce a tutte le donne, tracciando un parallelo fra noi e quello che, secondo me, è l'ortaggio migliore al mondo: la zucca.

Quest'anno l'abbiamo seminata nel nostro orto, abiamo avuto la fortuna di vederla crescere dal seme: prima timida e verdolina, poi decisa e robustella, sempre più sinuosa nelle forme che si avviluppano qua e là. Incontenibile la sua chioma verde brillante, esuberante e pungente. Ma a un certo punto eccolo là: sotto sotto, nel cantuccio più nascosto, il primo frutto. Cresce a vista d'occhio, ogni goccia di linfa viene trasformata in un segreto, custodito all'interno di una scorza marrone-verdastra, che da fuori neppure si nota, se non si è disposti ad addentrarsi in quel labirinto di disordine e leggerezza. Il guscio si fa sempre più duro, man mano che il segreto cresce nel profondo. Difenderlo è fondamentale. Difenderlo sempre, anche una volta staccata dalla terra che l'ha partorita. Ed è veramente un mistero, quello che custodisce: nessuno sa cosa vi sia racchiuso, non si può capire... non dal fuori, per quanto la scorza possa essere liscia, ruvida, bitorzoluta, giallastra, piena di bozzi, sporca di terra. Ma arriverà il suo momento: quando rivelerà al mondo a cosa è valsa la sua esistenza, il suo gesto, quella coraggiosa difesa del suo segreto. Arriverà il momento di svelare il suo sacrificio, che cosa significa essere... una zucca :)

E questa era una polposa, grigiastra, durissima, bitorzoluta, meravigliosa zucca.Un ortaggio decisamente donna.






Strudel di zucca e semi di papavero
con marmellata alle prugnole selvatiche
 

Per la pasta (dosi sufficienti per due strudel):

50 g di esubero di pasta madre non rinfrescata
50 g di farina di segale
50 g di farina di grano duro integrale
100 g di farina di tipo 2
4 C di olio di sesamo
acqua tiepida qb
1 C di malto d’orzo
un pizzico di sale

Per il ripieno di uno strudel:

½ tazza di uvetta
il succo di 3 mandarini
2 C di rum bianco
100 g di semi di papavero
1 e 1/2 T di zucca cotta a vapore
 

Iniziare dalla pasta: setacciare insieme le polveri, bagnare con l’olio e mescolare il tutto con le mani. Aggiungere la pasta madre a pezzettini, scaldare leggermente mezzo bicchiere d’acqua, sciogliere il malto e aggiungerlo. Mescolare con un cucchiaio di legno, aggiungere poco a poco altra acqua, finché l’impasto sarà abbastanza elastico da essere lavorato a mano. Impastare bene, formare una palla e lasciare riposare 3 ore su un tagliere coperto da una terrina di ceramica, in un luogo caldo.

Nel frattempo, mettere l’uvetta a bagno nel succo dei mandarini insieme al rum. 

Trascorso il tempo, dividere l’impasto in due: potete decidere di fare due strudel di 30 cm l’uno, oppure, come me, dedicare metà impasto ad un’altra preparazione dolce o salata (io ho fatto due panzerotti salati).
Preriscaldare il forno a 180°.
Scolare l’uvetta e strizzarla bene, conservando il succo. Mescolarla alla zucca tagliata a cubettini.
Stendere la pasta al mattarello, formando un rettangolo il più sottile possibile, aiutandovi con due fogli di carta da forno. Farcire con la marmellata senza zucchero, stando lontano dai bordi del rettangolo, distribuire uniformemente i semi di papavero e poi coprire tutto con la zucca e l’uvetta. Con il succo dell’uvetta pennellare i bordi lasciati nudi, poi ripiegare i lati corti e iniziare ad arrotolare la pasta, aiutati dalla carta da forno. Sigillare bene. Dare un’ultima pennellata alla superficie, poi spolverare con la farina di grano duro e infornare. Cuocere per 35 minuti, controllando che la pasta non bruci.
Lasciare raffreddare prima di tagliare, in modo che il ripieno si compatti. 

sabato 22 novembre 2014

Zuppa di ceci e grano Senatore Cappelli

Da troppo tempo non dedico nemmeno un mini-post ad una delle mie pappette adorate.
Cosa imperndonabile per una come me, che ne fa regolarmente uso almeno una volta al dì!
CHe si tratti di zuppa di miso, vellutata, minestra di verdure, crema di cereali, crema di legumi etc etc (etc etc etc...), non passa giorno senza di loro. Potrei anche arrivare a definirle parti di me.
Nel modo in cui prepari una zuppa c'è molto di più che voglia di quacosa di caldo: tagliare una carota a rondelle o a fiammifero, tritare o buttare in pentola, soffriggere o bollire, profumare, addensare, frullare, condire e così via. Sono tutte scelte, forse inconsapevoli, ma sempre scelte che facciamo, dettate da motivi recònditi e condìti, motivi che ci sfuggono, per poi stupirci quando assaggiamo il primo cucchiaio e capimo che sì, in quella pappetta ci siamo noi :)








Zuppa di ceci e grano Senatore Cappelli



70 g di grano Senatore Cappelli lasciato in ammollo 8-10 ore

70 g di ceci secchi lasciati in ammollo 24 ore

1 carota, 1 gambo di sedano, ½ cipolla dorata

2 foglie di cavolo nero

1 spicchio d’aglio


½ bicchiere di vino bianco secco (facoltativo)

alloro, salvia, rosmarino, pepe

sale qb




Scolare e sciacquare bene i ceci, lasciati precedentemente in ammollo (a cui si è cambiata l’acqua almeno 2 volte). Scolare anche il grano e tenere da parte. Preparare sedano, carota, aglio e cipolla tritati abbastanza finemente e mettere tutto in una pentola capiente con l’olio extravergine. Accendere il fuoco e soffriggere per un paio di minuti, sfumare con il vino bianco. Aggiungere il cavolo nero tagliato a striscioline e poi il grano e i ceci. Coprire tutto con acqua, arrivando a 3 dita sopra il livello dei vegetali. Aggiungere gli odori, tranne il pepe, e portare a cottura. Giunta a ebollizione, abbassare il fuoco e lascare sobbollire per circa 1 ora, controllando spesso il livello dell’acqua. Consiglio di tenere un pentolino di acqua calda sul fornello accanto, pronto a soccorrere la zuppa se asciugasse troppo. Salare solo verso fine cottura. Prima di servire, aggiungere il pepe e togliere gli odori.
 

lunedì 17 novembre 2014

StagioniAMO con le noci: Gnocchi "alla brianzola" gratinati



Il tempo, quello meteorologico, è l’argomento salvagente di molte conversazioni fra interlocutori che non sono proprio in confidenza. Ovviamo a certi silenzi imbarazzanti con frasi del tipo “Non si sa più come vestirsi”, “Non esistono più le stagioni di una volta” etc etc. Quante ne ho sentite ogni giorno lavorando al bar?! Fra il “toto-tempo” e il “toto-morto” che scatta automaticamente ad ogni agonia, in quegli anni ho dovuto accrescere all’inverosimile il mio repertorio di frasi di circostanza, per fronteggiare l’ostacolo delle banalità fra estranei. Perciò, in questo blog, voglio proprio evitare di parlare del tempo con questa superficialità a cui sono diventata allergica. E di morti, per carità.

Argomenti di cui già i giornali riempiono pagine e notiziari. Lasciamo parlare loro dei disastri atmosferici.

Qui parliamo, invece, di cosa ci fa bene quando fuori piove, è umido, fa buio alle 4 di pomeriggio ed è ancora buio alle 7 di mattina. Non è un periodo di letargo per l’uomo, dobbiamo contrastare questo sottile sentimento di malinconia che ci attanaglia, dobbiamo sentirci forti dentro e fuori per non subire la stagione, ma viverla! E che diamine: è autunno, mica siamo sotto bombardamento aereo (noi no, per fortuna..)! 

E certo, tutto diventa più facile se viviamo con il principe azzurro che ci aiuta con la spesa, se i nostri figli sono degli angioletti che si fanno il letto da soli, se facciamo il lavoro dei nostri sogni e il nostro cane non stressa per uscire alle 5 di mattina. Ma è giusto affrontare la vita combattendo delle piccole battaglie, ogni giorno. È questo che ci cambia, ci rafforza
Perciò, se il cane mi sveglia alle 5 domani mattina, certo che scatta il morbo del dispetto: sbuffo uscendo dal lettuccio caldo, magari maledico il babbo-inverno imbacuccandomi fino agli occhi di strati di lana sopra al pigiama; ma poi esco con lui, contemplo le strade vuote, mi godo un momento di intimità con i mei pensieri e l’espressione contenta e grata del mio fido. Torno in casa e mi prendo tutto il piacere di tornare sotto al piumone caldo, consapevole di avere ancora due ore di sonno che mi separano dal mondo che conosco. Tutto qua.
Chi l’ha vinta oggi: lui o io?


https://crumpetsandco.wordpress.com/2014/09/29/stagioniamo-e-arrivato-il-contest/


Questa ricetta non può che essere di stagione, quindi StagioniAMO! Con l'ingrediente di questo mese: noci.

La prima cosa da fare per scongiurare il rischio di essere sopraffatti dalla stagione più medievale dell’anno, è prepararci fisicamente (e certo, l’umore mica è svincolato dalla salute fisica: mica è un caso che siamo più contenti quando stiamo bene). Quindi, la prossima volta che andate a fare la spesa, riempite il carrello di:

zucca, zucca e zucca (prendetene una intera, si può fare in mille modi, non andrà a male!)
cavoli (vanno bene tutti: verze, crauti, broccoli, cavolfiori etc etc)
radici (rape, daikon, sedano rapa e compagnia bella)
cereali più grassi (avena, farro, orzo, grano in chicco…)
legumi più grassi (fagioli, ceci, soia, azuki…)
semi e frutta secca (noci e nocciole, mandorle, semi di ogni tipo; da tostare prima di mangiare)

meglio mangiare poca frutta e perlopiù mele e pere da consumare cotte, come dessert con frutta secca o cereali; NON arance, mandarini e frutta tropicale. Dimenticate le spremute: c’è molta più vitamina C in qualsiasi verdura che in un’arancia, che è quasi un frutto tropicale. Non cascate nell'inganno della carenza di vitamine: è impossibile essere carenti mangiando tanta verdura, semmai il problema è che eccediamo in qualcos'altro, ma la soluzione non è raddoppiare la dose con le Zigulì, ma di togliere quello che ci fa male!

Nella prossima puntata, dispenserò qualche consiglio per le cotture. 

Intanto, questo piattino è decisamente stagionale e adattato alla mia terra (polenta = Brianza, c'è poco da fare!). Perciò di “gnocchi alla romana” è rimasta solo la forma… ma tanto per dare l’idea ;)

 

Gnocchi “alla brianzola” gratinati 
con cavolo nero e besciamella di noci

 per due porzioni

130 g di farina di polenta mista
300 ml di acqua
200 ml di latte di soia
sale
4 foglie di cavolo nero
2 spicchi d’aglio
2 cucchiai di olio evo
2 cucchiai di pangrattato

per la besciamella alle noci

350 ml di latte di soia autoprodotto
4 cucchiai di olio evo
10 noci pestate al mortaio molto finemente + 2-3 noci intere
2 cucchiai di farina di tipo 2
Sale, pepe, noce moscata qb


Preparare la polenta, con l’aggiunta di 200 ml di latte insieme all’acqua di cottura. Portare a ebollizione acqua e latte di soia, salare e versare la farina. Cuocere girando spesso fino a cottura ultimata (circa 45 minuti). Dovrà restare morbida, ma non lenta. Appena pronta, stendere la polenta con il mattarello fra due fogli di carta da forno. Dovrà avere uno spessore di circa 8 mm.
Lasciare intiepidire.

Nel frattempo, preparare la besciamella. È fondamentale che il latte in questione sia il più naturale possibile, senza aromatizzazioni e ovviamente senza dolcificanti. Dopo tanto cercare, mi sono decisa a produrmelo da sola a partire dalla soia gialla. In un pentolino scaldare il latte di soia. A parte, versare l’olio e scaldarlo, poi aggiungere la farina setacciata e sbattere velocemente con una frusta per creare un roux vegetale. Iniziare a versare il latte caldo, poco per volta, sempre mescolando energicamente. Aggiungere le noci pestate, sale, pepe e noce moscata e cuocere fino alla densità desiderata (circa 10 minuti). Tenere in caldo.

Il cavolo nero va saltato in padella con l’aglio e i 2 cucchiai di olio, con un mestolino d’acqua. Stufare per circa 5 minuti e spegnere il fuoco. 

Riprendere la polenta stesa, copparla formando i classici dischi (io ho usato un bicchiere lungo e stretto) e comporre il piatto nei cocci o nella pirofila in ceramica: versare 2 cucchiai di besciamella sul fondo, coprire con i dischi di polenta, farcire con cavolo nero e besciamella, con l’aggiunta di qualche gheriglio di noce tritato grossolanamente. Continuare così fino ad esaurimento degli ingredienti. Ultimare con besciamella e pangrattato. Infornare a 180 ° per 15 minuti, poi passare gli ultimi 5 minuti sotto al grill.