giovedì 15 maggio 2014

Made in Japan #3: Kyoto e i miei daifuku mochi



Probabilmente, per esplorare i meandri della gastronomia kyotese non basterebbe un mese di permanenza! 

Appena arrivati, la prima impressione della città non è stata molto positiva. Alloggiavamo a due passi dalla stazione, fra palazzi di vetro, grandi magazzini e semafori “cinguettanti” (solo chi è stato in Giappone può capire..). Nulla in questo quartiere è lasciato alla casualità; perfino per parcheggiare la bicicletta c’è una persona in divisa con i guanti bianchi che ti indica esattamente dove lasciarla; non puoi fumare una sigaretta mentre vai al lavoro: devi fermarti nelle striminzite aree fumatori nascoste dietro un muro. Ora: non che la cosa mi dispiacesse dato che non fumo, però fanno anche un po’ pena certe greggi di tabagisti in giacca e cravatta, che si affrettano a terminare una lucky strike fra nuvole di fumo passivo.


Ma dopo il primo tour nella zona meno affaristica della città, ho subito capito il fascino che attira fiumi di turisti dagli occhi sgranati! La Kyoto antica è semplicemente una favola dai colori pastello e profumi agrodolci, il progresso frena la sua folle corsa ai piedi dell’imponente Kiyomizu-dera, cedendo il passo a sfilate di coloratissimi kimono, lanterne svolazzanti e immancabili ciliegi dai rami carichi di fiori. Da quella terrazza panoramica, oltre le fronde cariche di rosa, i palazzi luccicanti all'orizzonte costituiscono sfide architettoniche insignificanti. 







E percorrendo le stradine su e giù per i templi, brulicanti di sorrisi e occhi a mandorla, si è attratti dalle mille specialità gastronomiche, preparate dagli abili artigiani del gusto proprio lì, davanti a te: dal cracker di riso al dolce di mochi, dal pesciolino fritto sullo stecco al sofficissimo manju a vapore. Ed è proprio quest’ultimo che mi ha conquistato, in una gustosissima variante al macha ripieno di anko!
 
manju di carne e con anko

 …esatto, è proprio così: mi sentivo un cartone animato!

La Kyoto gastronomica trova il suo apogeo nel vortice del Nishiki Market, dove puoi trovare qualsiasi stranezza, assaggiarla, comprarla o semplicemente fotografarla (se riuscite a farvi largo fra la calca famelica). 


radice di bambù, patata dolce (YAM) alla brace, frutta (4000 Y = oltre 30 euro al pezzo!)

pesce crudo sullo stecco


alghe fresche
 
 È il paradiso per gli amanti del pesce: si trova sushi espresso in locali minuscoli, dove la gente si concede un aperitivo a base di pesce crudo e sake.

Ma anche i non-pescivori possono lustrarsi gli occhi! 

dolci a base di mochi

mochi in versione salata con salsa teriyaki

Ovunque in Giappone vanno matti per i cosiddetti pickles (insalatini) che vengono serviti ad ogni pasto, giusto un cucchiaio per stimolare la digestione. Sono in genere radici di ogni tipo, ma anche ortaggi curiosi, che vengono affettati, messi in tinozze di legno insieme a una pasta di sale, pressati e lasciati fermentare. In pratica è quello che si fa in Germania con i crauti, ma qui non ci si limita a un ortaggio… c’è davvero l’imbarazzo della scelta: si trovano perfino i fiori sotto sale!


  

Questa volta concludo con una ricetta-esperimento in tema: i daifuku mochi! Si dà il caso che al mercato abbia acquistato un non meglio identificato farinaceo bianchissimo e dalla consistenza impalpabile; ho provato a far capire al simpatico venditore –che ovviamente non spiccicava una parola in nessuna lingua occidentale- che volevo la farina di riso glutinoso per fare i dolcetti. A quanto pare la mia pronuncia di “mochi” fa pena, dato che il malcapitato non capiva assolutamente che cosa chiedessi, finché con il dito indice ne ho indicato uno in vendita nella bancarella di fianco e ho mimato il gesto di fare le palline e mangiarmele, con tanto di “MMM!” e dito rotante sulla guancia. Insomma alla fine del film muto tragi-comico, mi dà questo pacco di farina, che fino all’altro giorno non sapevo per certo cosa fosse… Ma per fortuna l’ometto simpatico aveva capito bene: ecco i miei daifuku mochi! Bruttini sì, ma per essere i primi, che soddisfazione mangiarseli!

 

mochi classico e daifuku mochi ricoperto di sesamo nero
Si possono realizzare in colori diversi aggiungendo alla farina del macha o del colorante alimentare. Il classico mochi è lo spiedino con 3 piccole palline (bianca-verde-rosa) senza ripieno. Un occidentale goloso non amerebbe questi dolci, abituati come siamo a enormi quantità di zucchero e sapori più che intensi. Pensate che in Giappone il dessert più raffinato e appetibile è della semplice frutta fresca, che si mangia in occasioni più che uniche (anche perché costa un capitale!)! 
Ce ne sono anche decorati, intagliati, a “raviolo”, con sesamo, frutta disidratata etc. Il cake design in Giappone ha sempre il sapore della tradizione: non ho visto nemmeno un cupcake (forse giusto da Starbucks... da cui siamo stati ben alla larga!).






 
Perdonatemi il rimpiazzo dell’anko (la prossima volta prometto di prepararla!) con una Nocciolata italianissima (oltretutto è bio e senza olio di palma!!).


Daifuku mochi
(dolcetti giapponesi di riso “glutinoso” - senza glutine)

 

Per 8 Palline ripiene

 

100 g di farina di riso glutinoso
115 g di acqua naturale fredda
50 g di zucchero a velo (zucchero semolato frullato)
amido di mais qb

Ripieno:
mix cereali senza glutine qb


Preparare prima la farcia: quella tradizionale prevede l’anko, una marmellata di fagioli azuki con l’aggiunta di poco zucchero (in alcuni casi addirittura senza). Il sapore non è stucchevole ma piacevolmente avvolgente, simile a quello delle castagne. Per sostituirla, ho scelto una nocciolata RdA, non troppo dolce, mescolata a un mix di cereali tritati (fiocchi di mais con riso e miglio soffiati) per dare consistenza.


Preparare il mochi in tre fasi:

-          miscelare zucchero a velo e farina di riso, aggiungere l’acqua fredda e mescolare velocemente con la frusta, sciogliendo i grumi. Coprire con pellicola senza pvc e passare al forno a microonde a 500 W per 2,5 minuti. 

-          togliere dal microonde, spruzzare con poca acqua fredda e mescolare con una spatola. A questo punto il composto sarà semi liquido. Coprire e passare ancora al microonde a 500W per 2 minuti.

-          togliere, dare un’altra mescolata. L’impasto inizia a rapprendersi. Non preoccupatevi troppo se c’è qualche grumo, spariranno con l’ultima cottura: passare ancora al micro per 1 minuto.


A questo punto l’impasto sarà ustionante, ma avrà assunto le sembianze di un silicone. Attendete un paio di minuti per lavorarlo con le mani, date una mescolata con la spatola. Prendete una teglia e cospargetela con l’amido di mais, spostare la massa di mochi e stenderla coi palmi, lasciandola molto spessa. Mettetevi la maizena anche sulle mani per lavorare il mochi. Prendetene un pezzo, appiatti telo per ottenere una sorta di disco tondo. Prelevate un cucchiaino abbondante di farcia, appallotolatelo e mettetelo al centro del disco. Chiudetelo facendo aderire i bordi, se necessario bagnateli leggermente, e create una pallina lavorando coi palmi senza fare troppa pressione. Continuate fino ad esaurire l’impasto. 
È più facile a farsi che a dirsi! 

Adagiate le palline appena fatte nella teglia con la maizena. Una volta freddate, riporre nei pirottini. Si conservano a temperatura ambente chiusi in un contenitore. Non ho idea per quanto tempo si conservino, ma non mi porrei il problema ;) 



1 commento:

  1. oddio meraviglia, io amo il giappone. Belle le tue ricette (: complimenti!!

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