Probabilmente, per esplorare i meandri della gastronomia kyotese non basterebbe un mese di
permanenza!
Appena arrivati, la prima impressione della città non è
stata molto positiva. Alloggiavamo a due passi dalla stazione, fra palazzi di
vetro, grandi magazzini e semafori “cinguettanti” (solo chi è stato in Giappone
può capire..). Nulla in questo quartiere è lasciato alla casualità; perfino per
parcheggiare la bicicletta c’è una persona in divisa con i guanti bianchi che
ti indica esattamente dove lasciarla; non puoi fumare una sigaretta mentre vai
al lavoro: devi fermarti nelle striminzite aree fumatori nascoste dietro un
muro. Ora: non che la cosa mi dispiacesse dato che non fumo, però fanno anche un
po’ pena certe greggi di tabagisti in giacca e cravatta, che si affrettano a
terminare una lucky strike fra nuvole
di fumo passivo.
Ma dopo il primo tour nella zona meno affaristica della
città, ho subito capito il fascino che attira fiumi di turisti dagli occhi
sgranati! La Kyoto antica è semplicemente una favola dai colori pastello e
profumi agrodolci, il progresso frena la sua folle corsa ai piedi
dell’imponente Kiyomizu-dera, cedendo il passo a sfilate di coloratissimi
kimono, lanterne svolazzanti e immancabili ciliegi dai rami carichi di fiori.
Da quella terrazza panoramica, oltre le fronde cariche di rosa, i palazzi luccicanti all'orizzonte costituiscono
sfide architettoniche insignificanti.
E percorrendo le stradine su e giù per i templi, brulicanti
di sorrisi e occhi a mandorla, si è attratti dalle mille specialità
gastronomiche, preparate dagli abili artigiani del gusto proprio lì, davanti a
te: dal cracker di riso al dolce di mochi,
dal pesciolino fritto sullo stecco al sofficissimo manju a vapore. Ed è proprio quest’ultimo che mi ha conquistato, in
una gustosissima variante al macha
ripieno di anko!
manju di carne e con anko |
…esatto, è proprio così: mi sentivo un cartone animato!
La Kyoto gastronomica trova il suo apogeo nel vortice del Nishiki Market, dove puoi trovare qualsiasi stranezza, assaggiarla, comprarla o semplicemente fotografarla (se riuscite a farvi largo fra la calca famelica).
radice di bambù, patata dolce (YAM) alla brace, frutta (4000 Y = oltre 30 euro al pezzo!) |
pesce crudo sullo stecco |
alghe fresche |
È il paradiso per gli amanti del pesce: si trova sushi
espresso in locali minuscoli, dove la gente si concede un aperitivo a base di
pesce crudo e sake.
Ma anche i non-pescivori possono lustrarsi gli occhi!
dolci a base di mochi |
mochi in versione salata con salsa teriyaki |
Ovunque in Giappone vanno matti per i cosiddetti pickles (insalatini) che vengono serviti
ad ogni pasto, giusto un cucchiaio per stimolare la digestione. Sono in genere
radici di ogni tipo, ma anche ortaggi curiosi, che vengono affettati, messi in
tinozze di legno insieme a una pasta di sale, pressati e lasciati fermentare.
In pratica è quello che si fa in Germania con i crauti, ma qui non ci si limita
a un ortaggio… c’è davvero l’imbarazzo della scelta: si trovano perfino i fiori
sotto sale!
Questa volta concludo con una ricetta-esperimento in tema: i
daifuku mochi! Si dà il caso che al
mercato abbia acquistato un non meglio identificato farinaceo bianchissimo e
dalla consistenza impalpabile; ho provato a far capire al simpatico venditore
–che ovviamente non spiccicava una parola in nessuna lingua occidentale- che
volevo la farina di riso glutinoso per fare i dolcetti. A quanto pare la mia
pronuncia di “mochi” fa pena, dato che il malcapitato non capiva assolutamente
che cosa chiedessi, finché con il dito indice ne ho indicato uno in vendita
nella bancarella di fianco e ho mimato il gesto di fare le palline e
mangiarmele, con tanto di “MMM!” e dito rotante sulla guancia. Insomma alla
fine del film muto tragi-comico, mi dà questo pacco di farina, che fino
all’altro giorno non sapevo per certo cosa fosse… Ma per fortuna l’ometto
simpatico aveva capito bene: ecco i miei daifuku mochi! Bruttini sì, ma per essere
i primi, che soddisfazione mangiarseli!
mochi classico e daifuku mochi ricoperto di sesamo nero |
Si possono realizzare in colori diversi aggiungendo alla
farina del macha o del colorante alimentare. Il classico mochi è lo spiedino
con 3 piccole palline (bianca-verde-rosa) senza ripieno. Un occidentale goloso
non amerebbe questi dolci, abituati come siamo a enormi quantità di zucchero e
sapori più che intensi. Pensate che in Giappone il dessert più raffinato e
appetibile è della semplice frutta fresca, che si mangia in occasioni più che uniche (anche perché costa un capitale!)!
Ce ne sono anche decorati,
intagliati, a “raviolo”, con sesamo, frutta disidratata etc. Il cake design in
Giappone ha sempre il sapore della tradizione: non ho visto nemmeno un cupcake
(forse giusto da Starbucks... da cui siamo stati ben alla larga!).
Perdonatemi il rimpiazzo dell’anko (la prossima volta prometto
di prepararla!) con una Nocciolata italianissima (oltretutto è bio e senza olio
di palma!!).
Daifuku mochi
(dolcetti giapponesi di riso “glutinoso” - senza glutine)
Per 8 Palline ripiene
100 g di farina di riso glutinoso
115 g di acqua naturale fredda
50 g di zucchero a velo (zucchero semolato frullato)
amido di mais qb
Ripieno:
mix cereali senza glutine qb
Preparare prima la farcia: quella tradizionale prevede
l’anko, una marmellata di fagioli azuki con l’aggiunta di poco zucchero (in
alcuni casi addirittura senza). Il sapore non è stucchevole ma piacevolmente avvolgente,
simile a quello delle castagne. Per sostituirla, ho scelto una nocciolata RdA, non troppo dolce,
mescolata a un mix di cereali tritati (fiocchi di mais con riso e miglio
soffiati) per dare consistenza.
Preparare il mochi
in tre fasi:
-
miscelare zucchero a velo e farina di riso, aggiungere
l’acqua fredda e mescolare velocemente con la frusta, sciogliendo i grumi.
Coprire con pellicola senza pvc e passare al forno a microonde a 500 W per 2,5
minuti.
- togliere dal microonde, spruzzare con poca acqua fredda
e mescolare con una spatola. A questo punto il composto sarà semi liquido.
Coprire e passare ancora al microonde a 500W per 2 minuti.
- togliere, dare un’altra mescolata. L’impasto inizia a
rapprendersi. Non preoccupatevi troppo se c’è qualche grumo, spariranno con
l’ultima cottura: passare ancora al micro per 1 minuto.
A questo punto l’impasto sarà
ustionante, ma avrà assunto le sembianze di un silicone. Attendete un paio di
minuti per lavorarlo con le mani, date una mescolata con la spatola. Prendete
una teglia e cospargetela con l’amido di mais, spostare la massa di mochi e stenderla coi palmi, lasciandola molto spessa. Mettetevi la maizena anche sulle mani per
lavorare il mochi. Prendetene un pezzo, appiatti telo per ottenere una sorta di
disco tondo. Prelevate un cucchiaino abbondante di farcia, appallotolatelo e
mettetelo al centro del disco. Chiudetelo facendo aderire i bordi, se
necessario bagnateli leggermente, e create una pallina lavorando coi palmi
senza fare troppa pressione. Continuate fino ad esaurire l’impasto.
È più
facile a farsi che a dirsi!
Adagiate le palline appena fatte
nella teglia con la maizena. Una volta freddate, riporre nei pirottini. Si
conservano a temperatura ambente chiusi in un contenitore. Non ho idea per
quanto tempo si conservino, ma non mi porrei il problema ;)
oddio meraviglia, io amo il giappone. Belle le tue ricette (: complimenti!!
RispondiElimina